Cosa c’è dietro ad una finestra chiusa.

Si dice di solito ” chiudi quella porta, o quella finestra, che entrano le mosche o le zanzare o i ragni, o che ne so, qualche insetto che infastidisce alla fine entra sempre in casa.
Noi abbiamo una casa , una seconda casa per la precisione, dove le finestre e le porte vengono aperte saltuariamente. Ovviamente le apriamo quando siamo presenti, una tantum durante il mese appena trascorso ma, ragni, mosche formiche e non son solo , no zanzare no chè siamo sull’Appennino a 700 metri circa e qui non sono ancora arrivate, tutto questo circo di insetti comunque entra sempre anche con a casa chiusa, eh! siamo in campagna del resto.
Ma c’è una finestra che non apriamo (quasi) mai anche quando siamo presenti perché la camera in cui è situata non viene usata: è la camera destinata un tempo di tanto tempo fa a Jacopo ma, si sa, non sempre si indovinano le destinazioni.
Continuando a tenerla chiusa, la finestra, comunque c’è chi è entrato comodo e ci staziona da tempo con il nostro benestare.


Vi racconto:
Un anno fa ci accorgemmo che, tra lo scuro e la finestra, uno sciame d’api aveva trovato modo di sistemarsi.
“Che bello”, abbiamo pensato ” sapevano che qui c’è un apicoltore!”
Allora si era pensato di recuperare lo sciame, trasferire i grandi favi già costruiti in un’arnia e mettere la nuova famiglia nel nostro apiario.
L’operazione si dimostrò difficile e distruttiva. I grandi favi cedevano collassando per il peso di miele e covata contenuta. Sandro mi convinse che lo avremmo lasciato sul posto e ci avremmo pensato nell’autunno, quando le famiglie di api fisiologicamente si riducono per la stagione brutta.
Arrivato il tardo autunno scorso ancora mi sono fatta convincere da Sandro di lasciare tutto com’era in quel momento e vedere come si sarebbe evoluta la situazione.
A dire il vero ero un po’ contrariata: vedere la stanza chiusa e la finestra inutilizzabile, visto che almeno 3-4 volte l’anno aprivo tutto per fare pulizia e ricambiare l’aria, rendendomi conto che non potevo farlo già dalla primavera passata mi sembrava un po’ troppo, ma ho deciso di condividere il suo desiderio di ” vedremo come va“.

Nella stagione invernale ci accorgemmo che le api stavano diventando sempre meno, che lo sciame si faceva sempre piu esiguo e che sembravano destinate alla scomparsa totale.
Così è stato, purtroppo.
Infatti nei primi mesi di quest’anno abbiamo definitivamente constatato che nessuna ape era sopravvissuta. Restavano lì appesi i grandi favi vuoti di vita e contenenti la parte di miele opercolato che le api avevano stivato per l’inverno senza poterne usufruire ed ecco che…ci penseremo con la bella stagione a fare pulizia del tutto.
Se non che un bel giorno, appena arrivati dai nostri andirivieni tra questa casa e l’altra, controllando i favi vediamo uno strano minimo movimento di api. Qualche ape che, sentendo il miele, stava saccheggiando le scorte rimaste? (pratica che succede).
Aspettiamo ancora e Sandro mi dice che questa, vista la nuova stagione “è una occasione per vedere se qualche altro sciame trova il posto e si insedia“. Con queste parole mi sono definitivamente convinta e, visto che di volta in volta abbiamo rimandato, non mi è più pesata la situazione ‘finestra chiusa’ intrigandomi invece l’idea di vedere se si poteva avverare quel che Sandro mi aveva detto.
In primavera inoltrata è successo: uno sciame ha preso possesso della casa abbandonata dal precedente e ha cominciato a lavorare alacremente ingrandendo ancor più i favi e importando miele mentre la regina cominciava a deporre una discreta covata ampliando il numero delle api dello sciame.

In tutto il periodo di luglio in cui sono stata nella casa, ogni giorno andavo a vedere, attraverso il vetro della finestra, il lavorio intenso che stava avvenendo nello sciame. Praticamente avere uno sciame dietro una finestra a vetro trasparente vuol dire avere a disposizione un’arnia naturale con parete di vetro dove guardare la costruzione dei favi (si vede chiaramente la catena cericola che le api fanno quando costruiscono la cera), dove vedere le api che danzano per segnalare alle altre la posizione per la raccolta del nettare o polline, ammirare la covata nelle cellette dei favi che man mano vengono riempite e poi chiuse in attesa della nascita delle nuove api. Un mondo fantastico ed un privilegio unico poterle vedere senza disturbare l’alveare.
Qualcuno mi ha chiesto se non ho paura ad avere uno sciame dietro una finestra. Assolutamente no! Le api non possono entrare in camera a meno che io apra la finestra distruggendo i favi, cosa che ormai sono convinta di non fare, finchè sarà possibile.

È una storia meravigliosa, sia questa che ci è capitata che il ciclo stesso della vita di un alveare, che ben conosco in teoria e in pratica, mai così da vicino ed in maniera totalmente protetta .

Se volete essere ospitati da noi potrete quindi dormire nella “Camera delle Api”, vorrà dire che anziché aprire la finestra terrete aperta la porta!
Adesso lo sapete.

Vilma (sempre io, nonostante tutto)

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E’ un vero peccato non poter pubblicare le foto. il sito non me lo permette.

Dopo tanto tempo che non entro qui, probabilmente, molte impostazioni sono cambiate ed io non ho molta voglia di capire perchè prima lo potevo fare ed ora non più. Forse le leggi del mercato di internet sono diventate quelle di tutti…o paghi o non fai più niente facilmente.

Quindi, se volete vedere le foto a breve le pubblicherò sul mio Istagram : Mi trovate sotto il nome “vilmavla ” e la foto di profilo è il piedino di un bambino.

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PER PERDERE TEMPO QUANDO NON SI HA TEMPO

Innanzitutto ho deciso di tornare qui con qualcosa di semplice da scrivere, visto che ho un po’ di tempo da perdere non avendo però molto tempo: Sembra sia un ossimoro invece vi garantisco che non lo è.

Sto diverso tempo in casa per garantire la presenza e la cura al genitore anziano, nello stesso tempo avanzo qualche oretta qui e là e mi do da fare tra impasti e forno.

Faccio il pane proteico con farine multicereali a cui aggiungo semi (girasole, sesamo, lino; ho scoperto la facilità di esecuzione di alcuni crechers con la farina di riso e una quantità di semi vari

Per finire, ho trovato la ricetta dei biscotti tipo grancereale e via a fare anche questi.

Per non perdere tempo, oggi ho impastato il pane e, mentre lievitava, ho radunato tutti gli ingredienti per i biscotti. Adesso, mentre il pane è in forno, l’impasto dei biscotti è in frigo poi, visto il forno già caldo, toglierò il pane ben cotto e infornerò i biscotti. Voilà due is mei che uan!…

Sono la campionessa del portarmi avanti coi lavori per poi, ogni volta che faccio queste avanzate, ricordo la vocina di mia suocera che mi sussurra “ma con tutto questo portarti avanti, com’è che non sei mai alla pari coi lavori???” ma cosi è per me.

Con tutto ciò, io avanzo imperterrita senza affanno, faccio quel che mi piace e che mi calma e vi do la mia parola che le mani negli impasti sono un potente calmante.

Volete le ricette di quel che ho fatto vero?

Per i creachers la trovate qui: https://www.chiarapassion.com/2022/03/crackers-ai-semi.html

Per i biscotti grancereale, qui: https://www.fattoincasadabenedetta.it/ricetta/biscotti-grancereale-fatti-casa/

Per il pane: questa è un po’ lunga da scrivere perché la ricetta della mia amica Anne, tedesca di Stuttgard, è bella e completa ma con pesi di farine e semi nel dettaglio come si deve e perciò vi consiglio una strada più breve e cioè le farine tedesche multicereali per pane, già dosate di lievito (se ne trovano parecchie in commercio anche con lievito madre secco) a cui aggiungere solo acqua e tutti i semi che vi piacciono .

vilma (tra semi e farine)

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Pensieri e riflessioni in libertà salutando il 2022.

Premetto che questo scritto l’ho già pubblicato su facebook il 31 dicembre ma, oggi, sono in vena di riprovare a scrivere qui anzi, di riprovare a pubblicare perchè scrivere non è quello che sto facendo ora. Qui sto solo digitando questa introduzione.

Ho imparato che le aspettative demoliscono ogni progetto. Si può e si deve sognare ma si deve imparare a pensare che quel che avevi programmato con così tanta cura spesso aveva una sorpresa che ti aspettava dietro l’angolo, compresa una soluzione diversa da come ti eri immaginato, facendo deviare su strade un po’ più tortuose la soluzione. Ed ho imparato che alla soluzione ci si arriva lo stesso con qualche graffio e qualche livido ma si esce sempre ” a riveder le stelle”.

Ho scoperto che non sono più interessata alle cose materiali che ingombrano la mia vita. Guardo gli armadi pieni, le credenze con le belle chicchere della nonna, i piatti di porcellana così desiderati, i bicchieri che “guai se non sono 12 tutti uguali”… e scoprire che mangio sempre nei soliti 4 piatti, bevo nei soliti bicchieri o tazze e che il di più mi ingombra la mente e l’anima oltre che i contenitori di casa.

Mi sono accorta che più passano gli anni e più si diventa emotivi, che si fanno più acute le mancanze e che la lontananza sembra ancor più lontana; che si fanno più forti i rapporti che hai voglia di mantenere e sempre più deboli quelli che vuoi lasciare andare senza tanti rimpianti.

Mi accorgo del bisogno del silenzio quanto di un gesto e una parola gentile; della necessità della calma e del rigetto delle tante parole inutili; della capacità di benessere che mi dà la musica classica, un libro o un buon film e di quanto mi annoino le notizie insulse, i pretesti per un litigio, la voce alta, le notizie gridate e il nervosismo di chi non sa stare in coda e di chi di ogni soluzione ne fa sempre un problema.

Ho imparato che è una fortuna avere ancora un genitore pur vecchio e bisognoso ma che è la tua memoria storica; che è impagabile avere degli amici e la certezza di essere benvoluta e rispettata da loro e amata da chi ami.

Ho appreso che le difficoltà non mi spaventano, che so scalare montagne di problemi riuscendo a ritrovare strade date per perse; ho constatato che ho mantenuto la mia buona volontà negli anni e la capacità di avvicinarmi a nuove situazioni che mi intimorivano scoprendo quanto è bello spendersi per la comunità.

So anche che a 67 anni non mi sento vecchia, che sono ancora incuriosita dalle novità e che ogni caduta, ogni frattura, che sia un osso o un rapporto, può essere sanata a qualsiasi età solo se non ti arrendi e mantieni il desiderio e la volontà di sanarla.

Nell’anno che arriverà già domani mi auguro di continuare ad imparare, ad accogliere i cambiamenti che formano col tempo la persona che sono diventata e di saper sempre accettare quel che mi verrà dato per potermi ancora migliorare.

Che sia un buon anno di pace per tutti🌈

E buon Anno del Coniglio alla mia famiglia che vive in Cina💖

Vilma (sempre io, un anno dopo)

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Stare in silenzio

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Scrivo in un momento di grazia. Non per questo particolarmente felice o tranquillo, ma in un momento in cui mi sembra che questo scritto nasca da solo, “viene fuori già con le parole”, come dice Vasco.

Dopo mesi (anni?) che non riesco neppure a digitare una frase sul pc, scrivere un pensiero o una parola che non fosse determinata da una necessità burocratica, oggi mi si arrovellano pensieri, si contorcono e affastellano parole nella mente e sento la necessità di scrivere, di tirarle fuori.

Ho iniziato ieri mattina mentre camminavo per andare da un’amica a bere il caffè e pensavo che da tempo è l’unica amica che vedo una volta alla settimana e, per dirla tutta, mi piace parlare con lei, avere un solo interlocutore per alcuni pensieri e non sento la necessità di farlo con nessun altro. Non so veramente spiegare bene questo sentimento, non è necessariamente il periodo di distanziamento che stiamo vivendo a tenermi lontana dalle persone, non mi dispiace la compagnia della gente, degli amici, ma in questo momento non ne sento particolare mancanza.

Non ho voglia di parlare, di raccontare, di far salire i miei sentimenti e farne partecipi altri che sicuramente nel vedermi (dopo tanto, troppo tempo, lo so) sarebbero lì a chiedermi come va, come non va, e tutto il contorno di chi sa la mia storia degli ultimi due anni con la voglia di sapere cosa sta succedendo intorno a me, dentro me, forse senza veramente capire ed io aver voglia di farmi capire. Chi non mi vede da tempo non è sicuramente animato da pura curiosità e vuole assicurarsi che io stia bene, ma io non ho voglia di domande e, soprattutto, non ho granchè voglia di dare risposte.

Presuntuosa? Potrei essere catalogata così per chi vuole catalogarmi. Direi che, con eleganza, di questo me ne frego.

Sto cercando di vivere i miei rapporti personali, famigliari, amicali, vicinali, con un sentimento distaccato e un po’ filosofico, in una modalità che mi faccia comprendere meglio tutto quello che mi circonda oltre che me stessa, che mi aiuti a capire il mio modo di agire e il modo di agire degli altri, che mi faccia comprendere quali sono i miei valori principali, i miei fini, senza con ciò trascurare di cercare di comprendere i fini degli altri. Ma sento l’esigenza di farlo da sola, non sento la necessità della chiacchiera sviante e, magari per qualcuno, con la pretesa di darmi soluzioni o di dirmi perché faccio così e non cosà e perché gli altri nei miei confronti fanno cosà e non così. Tutto questo in questo momento non mi serve e non ne sento il bisogno e, tanto meno, ne sento la mancanza.

Potrei riassumere con una parola che non mi fa impazzire, ma non trovo altro termine: sto ELABORANDO. Si, sto mettendo a punto le grandi assenze, gli affetti, la solitudine, le amicizie, i sentimenti, le paure, il passare del tempo. Sono un bel po’ di cose ed ho bisogno di farlo da sola, anche se non proprio, perché in realtà sento l’esigenza di sapere che c’è lui che mi conosce senza riserve, mi vuole bene senza tante parole e mi concede la sua spalla e un abbraccio nei momenti no.

Per tutto il resto, al momento, va bene il silenzio.

Un libro.

La musica classica.

Una camminata.

Il caffè della mattina e il caffè del martedi.

La mia ginnastica del mattino….

V.

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2021 Odissea sulla Terra

Epoca : MARZO 2021 –  Località : ITALIA con LOMBARDIA in Zona Rossa e altre regioni variamente colorate.

Stiamo dando i numeri e ho deciso, con questo post, di darne un po’ anche io. Troverete “Numeri che fanno girare la testa” e non solo…. e vorrei mi scusaste il francesismo di cui sopra, ma così è.

Diamo i numeri e, purtroppo per noi, lo stiamo facendo in tutti i modi in cui si potrebbe interpretare questa frase. Su ogni pagina che sfoglio, ogni notizia che leggo, sento e vedo, si parla e straparla di numeri: Quanti sono i malati, i ricoverati, i morti, quanti i vaccini ancora da fare e quanti quelli che si buttano, quanti posti di lavoro persi, quanti milioni di Euro volatilizzati, quante donne uccise (tante, troppe), quanti bambini in DAD, quanti votano, quanti non hanno votato o si sono astenuti….e BASTA!!

E’ proprio dando i numeri che non stiamo arrivando a niente se non a mettere paura. Ritengo si stia parlando troppo e troppo a sproposito, si sta urlando dicendo poco e niente, perché anche un bambino lo sa che “il troppo stroppia” e si finisce per non capire più niente. Si rimpallano notizie con titoli uguali su quotidiani e trasmissioni radiotelevisive e soprattutto vengono dati i numeri subito dopo aver dato i colori che, per fortuna, con rinforzo o senza rinforzo sono solo tre.

Poi c’è chi dà i numeri letteralmente e lo fa scrivendo, offendendo, minacciando. Basta seguire un social qualsiasi, ma anche leggendo commenti su quotidiani online per rendersi conto dell’infinità di poveri di spirito e di mente in circolazione tra di noi. Sto parlando, ovviamente, di quanto sta succedendo in queste ore, in cui molti (me compresa) stavano attendendo un lineare proseguo di vaccinazioni anti Covid, ed invece tutto si è impantanato, in Italia e gran parte dell’Europa, per verifiche su decessi accaduti post vaccinazione che, si sta ripetendo, non sembrano correlate al vaccino. I controlli sono sacrosanti, ma non considerare i numeri (eccallà che ci casco anche io, ma ve lo dicevo che anche io li do, no?) dati da chi ha titolo, mi sembra un poco fuori luogo. Innanzitutto ho letto un comunicato della direttrice di Astra Zeneca in cui ha già ribadito che i numeri dei decessi sono in linea con avvenimenti naturali pre-vaccini e che gli attuali non sembrano comunque collegati all’inoculazione del vaccino antiCOVID.

Da  https://www.ilpost.it/2021/03/15/dati-sicurezza-vaccino-astrazeneca/

Il Regno Unito è a oggi il paese che ha somministrato più dosi del vaccino di AstraZeneca: 11 milioni. L’Autorità di controllo dei medicinali britannica (MHRA) ha rilevato tre decessi e 45 trombosi tra i vaccinati, condizione che non indica la presenza di un nesso di causalità, ma semplicemente un nesso temporale. Per fare un confronto, nel caso del vaccino di Pfizer-BioNTech i casi di trombosi rilevati sono stati 48. Questi dati secondo l’MHRA «non sono in quantità superiori rispetto al numero di casi che sarebbero avvenuti naturalmente nella popolazione vaccinata».Come altre autorità di controllo sanitarie, anche l’MHRA diffonde periodicamente un bollettino sulle vaccinazioni e sulle segnalazioni ricevute, su reazioni avverse o casi più gravi da verificare e approfondire. Tra gennaio e febbraio nel Regno Unito sono state segnalate circa 54mila sospette reazioni avverse dopo la somministrazione del vaccino di AstraZeneca, a fronte di circa 33mila segnalazioni per il vaccino di Pfizer-BioNTech. La differenza è dovuta soprattutto al fatto che nelle ultime settimane è aumentato sensibilmente l’impiego del vaccino di AstraZeneca rispetto a quello di Pfizer-BioNTech.

Le reazioni avverse più comuni sono state mal di testa, febbre, dolore nel punto dell’iniezione e dolori muscolari, come era emerso nei test clinici. L’eventuale comparsa dei sintomi dopo la vaccinazione si è risolta nelle ore successive, senza complicazioni particolari.

Poi ci sono quelli che i numeri li danno bene, quelli buoni per ragionare davvero, sempre che si voglia seriamente ragionare.

I dati che seguono sono estratti dal Prof. Enzo Bonora contro il Diabete, Professore Ordinario di Endocrinologia presso l’Università di Verona e Direttore della Divisione di Endocrinologia, Diabetologia e Malattie del Metabolismo presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona. da #pillolediricercascientifica

ECCOLI:

Ogni anno negli USA muoiono 50 mila persone per sanguinamento intestinale da aspirina. Eppure l’aspirina viene venduta senza ricetta. E quasi tutti nella vita ne hanno presa almeno una. E continuano a prenderla.

Ogni anno negli USA muoiono circa 10 mila persone a causa dell’abuso di anti-dolorifici, pure venduti senza ricetta e largamente utilizzati (troppo utilizzati).

Ogni trimestre in Italia muoiono circa 2000 persone per emorragia (spesso cerebrale) ogni 100 mila trattati con anticoagulanti orali. Eppure nessuno mette in discussione il loro uso.

Ogni anno nel mondo molte migliaia di persone iniziano la dialisi per danno renale da abuso di farmaci anti-infiammatori acquistati in farmacia senza ricetta. Nonostante questo si continuano a vendere e acquistare.

Ogni 20 mila interventi chirurgici c’è un decesso a causa della anestesia. Non per questo si smette di operare o di farsi operare.

Gli anestetici locali usati, ad esempio, dal dentista possono causare shock anafilattico fatale. Pochi casi ogni anno ma ci sono.

Il rischio zero non esiste con nessuna pratica diagnostica o terapeutica. Si deve valutare il rapporto fra beneficio e probabilità di un danno grave. Ed è quello che sta facendo EMA, dal quale organo aspettiamo delle risposte concrete.

Bisogna far capire al pubblico come stanno realmente le cose invece che confondere, alimentando dubbi, timori e poi rifiuti.

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A conclusione, se dovessi essere chiamata domani per vaccinarmi con Astra Zeneca, ci andrei subito.

Con tutta pietà per i morti in, con, su, per, tra, fra, o senza Covid, Tutto il resto, per me, come si dice: E’ ARIA FRITTA.

Vilma (in ZTL : Zona Tritamento Logorante)

P.S. SONO STATA VACCINATA CON ASTRA ZENECA 1 DOSE, ATTENDO CON ANSIA (BENEVOLA) LA SECONDA DOSE IL 13 LUGLIO.

Spero successivamente nella GReenPass per poter finelmente partire per “l’altro mondo”, quello giusto, quello che mi sarà consentito perchhè sarò vaccinata.

Quello, per capirci, dove mi aspettano figlio e nipoti! 😉

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DI PIENI E DI VUOTI

Mai e poi mai (ma mai dire MAI) avrei pensato di scrivere un post come quello che segue.pieno e vuoto

A mettermi in confusione è bastata una manciata di giorni passati ad occuparmi di un piccolo animale peloso che, in quattro e quattr’otto, ha smesso di essere quello che è sempre stato. Sto parlando della gatta di mia sorella che da ribelle e animale libero come l’aria, gran cacciatrice a cui non sfuggivano topi grandi o piccoli, terrore dei merli che l’avvistavano fischiando per avvisare del pericolo imminente. Lei, felino furbo e svelto nell’aggirare l’attenzione dei volatili per aggredire i poveri pettirossi confidenti presenti nel giardino, non ha potuto evitare l’imprevisto: un piccolo trombo ha otturato la sua arteria femorale esile come uno stelo di forasacco, occludendola e lasciandola paralizzata nelle zampe posteriori fino a che, gatta combattiva, deve aver pensato che era arrivato il momento che i pettirossi e i merli (purtroppo per noi, anche i topi) avessero via libera e si è lasciata andare via. Non sono valse le cure, il cuscino caldo, l’acqua data a gocce per non disidratarla. Niente, lei si è accoccolata sul tappetino, non ha più guardato nessuno e in pochi giorni se n’è andata.

Non sono molto indulgente con gli animali e non amo l’umanizzazione dei cani e dei gatti, per farla breve: mi piacciono gli animali tenendo con loro un certo distacco, insomma non sono un’animalista o una patita dei quattro zampe.

Ma…

La Micia mi piaceva perché riassumeva quello che penso degli animali domestici: mantenere un certo carattere senza farsi sopraffare dalla vita casalinga. Lei era così: indipendente, usciva di casa, non rientrava finché non fosse ora (questo lo decideva lei anche se ti sgolavi a chiamarla) di mangiare qualche boccone o i croccantini, o starsene al calduccio. Certe sera dormiva fuori casa, non si è mai capito dove. Se la squagliava se ti avvicinavi troppo mentre mangiava o mentre se ne stava sdraiata tranquilla al sole. Non voleva le coccole da gatto istupidito e poltrone, si avvicinava lei quando voleva e se lo desiderava. Solo allora ti permetteva di accarezzarla o di prenderla in braccio, altrimenti erano unghie in vista. Micia di carattere. Gatto da caccia e indipendente. Grande arrampicatrice e saltatrice, il giardino il suo regno, i giardini dei vicini regni conquistati nei suoi undici anni di permanenza tra noi.

Dicevo all’inizio, sono bastati pochi giorni in cui, vista l’assenza di mia sorella, mi sono occupata di lei, della sua distaccata presenza, ed infine del suo tracollo e della sua ostinazione a non cedere fino a non poterne più e lasciarsi andare.

Cosi, in un momento in cui sta succedendo di tutto, dove i vuoti si stanno susseguendo a gran ritmo, questa improvvisa mancanza di un piccolo essere che girava per il giardino più che per casa, mi ha lasciato un senso di solitudine. Ogni essere vivente con la sua presenza quotidiana ci regala qualcosa, fosse anche un gatto e la sicurezza di esserci, noi per lui e viceversa.

O forse sono io che non sono più la stessa, e questi momenti fatti di vuoti più che di pieni, ecco che la scomparsa della Micia ha solo acuito il senso di vuoto che da un po’ mi porto dentro. Sarà che mascherina, distanziamento e gel disinfettante sono complici di troppi vuoti, sarà che siamo vicini al Natale ma che mancherà il rito di festa, sarà che parlare in video con la mia famiglia che sta dall’altra parte del mondo non riesce a riempirmi come vorrei, sarà che si sta come quelli sospesi tra il giallo, il rosso o l’arancione con abbracci mancati, dei baci non parliamone, delle presenze amichevoli ridotte ai minimi termini non facciamo neppure menzione.

Cosi mi spendo tra una torta di mele e un disegno, un libro da leggere, una lezione di Storia on line e la cura di mia mamma. E, mentre cerco di riempirmi come posso, c’è un buco da qualche parte che non riesco a trovare, dove tutto il pieno che introduco esce piano piano. Come in una clessidra che si svuota sopra ma, per fortuna, si riempie sotto, forse devo solo aspettare che ogni granello si infili nello stretto passaggio e si ammucchi sotto uno sull’altro e capire che basta cambiare prospettiva, capovolgere le ampolle per ricominciare tutto daccapo, perchè tutto ritorni come era.

Vilma (in attesa del Grande Yang)

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PRESENTE!

bicchiere rotto con vino

Si fa presto a dire “ciò che conta è il presente: qui e ora”

Io, nonostante creda a questo assunto con tutto il mio essere, da qualche tempo fatico enormemente a prenderne atto. Quando sei stato protagonista di un passato recente che ti ha segnato profondamente il cuore e vedi ancora molto nebuloso il cammino davanti a te, diventa tremendamente difficile concentrarsi sul “qui e ora”. Difficile, dico, certo non impossibile.

Sostengo da sempre di essere (e lo sono!) una persona dalla mente positiva, dal pensiero che ogni cosa trova la sua collocazione giusta nel tempo, che non si piange sul latte versato e che “se da oggi la situazione è questa, si DEVE guardare avanti”. Un processo mentale che mi veniva normale, senza pensarci troppo e che ho adottato negli anni di lutto per la morte di mio padre, che ha segnato definitivamente il mio passaggio all’età adulta a 34 anni dopo averlo intrapreso a 32 con la nascita di un figlio.

Ora, dopo più di 30 anni in età adulta, sono diventata anziana e più fragile. Mi sento come un bicchiere di cristallo che si rompe con i suoni acuti, effetti dirompenti in un momento calmo, suoni frastornanti che ti confondono mentre tu stai pensando che “va tutto bene” e stai brindando alla vita col bicchiere di cristallo mezzo pieno fra le mani. I graffi sulle mani, sul viso, causati dal bicchiere che si rompe improvvisamente, impiegano un po’ di tempo a non sanguinare. A me poi, figuriamoci, che ogni piccolo taglio mi lascia gocce di sangue che non coagula per ore… mentre il cuore sobbalza continuamente al ricordo del rumore del cristallo rotto.

Così il mio bicchiere, nonostante rimanga sempre mezzo pieno, mostra la sua fragilità, dopo il colpo di un suono acuto barcolla, si infrange, ma non molla e resta in piedi. Certo, versa un po’ del suo liquido intorno e, come è per un bicchiere da vino che si rispetti, anche su una gamba sola sta su bello diritto.

Quel bicchiere fragile che sono diventata, tra scossoni, suoni acuti, scheggiature, sta comunque salvando il contenuto ancora buono, che può scaldare l’animo.

 Lo metterò da parte, nella credenza, insieme ai bicchieri “buoni” per il prossimo brindisi.

Vilma. (qui e ora)

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ANDRA’ TUTTO BENE, LEGGENDO.

LIBRI IN ITALIANO: i migliori da leggere - Italiano per Stranieri con Marco

Ma si, certo che andrà tutto bene.  Ma…però… boh…

Dopo essere rientrata dai sei mesi trascorsi in Cina e fatta la mia quarantena, mi sono chiesta più volte cosa deve succedere ancora in questo strano Paese perché uno non possa avere troppi dubbi sul fatto che “andrà tutto bene” frase che ho trovato scritto fuori da alcune case e che, credo, sia stato un mantra nei giorni di blocco (quello chiamato lockdown perché fa più non-so-che e in italiano non troviamo mai le parole che invece abbiamo per dire ciò che vogliamo) . A me (così tanto per dire, eh!), già questa frase risuona un po’ come “dopo questo periodo diventeremo tutti migliori”, e chi sa come la penso in proposito, saprebbe fare anche il sottotesto alle due virgolettate.

Nella mia solita visione generalmente ottimista della vita non riesco però a vedere, nelle persone che conosco, lo specchio dove si riflettano le due frasi. Parla-parla con questo o con quello, salta sempre fuori che non c’è fiducia nel futuro, non c’è fiducia nel prossimo tuo, anche se è come te stesso,e nel Paese in generale. Con questa premessa di un sentimento condiviso e cosi poco positivo, voi dite che “andrà tutto bene”? Ammetto che ci sono motivi oggettivi che confortano tali pensieri e che anche io comincio a nutrire più di qualche dubbio sulla riuscita dell’andar bene. Ammetto inoltre che le mie quattro conoscenze non siano il mondo intero e, quindi, io non faccio statistica, anche se la mia statistica personale dice quello che ho scritto sopra, poi del “diventemo tutti migliori” non spreco neanche la forza di pigiare sui tasti per scriverne.

Detto questo, vi dirò che in questi quasi quaranta giorni ho incontrato poche persone, il contatto e lo scambio di parole vere sono state scarse. Di baci e abbracci (promessi via messaggi con “quando ci incontreremo dal vero finalmente potremo…bla…bla…) quasi neanche l’ombra. Chi ho incontrato per salutarmi mi ha porto il gomito… vabbè, io no. Mi sembra il “diamoci il cinque” che proprio non mi va. comunque sorrido e lascio il mio abbraccio a metà e non alzo il gomito nel senso letterale del termine, anche se la voglia di farlo in modo reale, con quel che significa questo gesto nel parlato comune, mi assale dopo alcuni discorsi sentiti in giro, e cin, cin.

Mi era parso di capire che nessuno doveva andare in ferie ed invece tutti i miei conoscenti/amici/parenti il mese scorso non erano a casa. Certo molti di loro, dopo la forzata residenza nei mesi passati chiusi in casa a fare il pane e imbiancare le pareti, hanno finalmente potuto riaprire le case di campagna, al lago, al mare, cosi io, nella mia beata solitudine agostana, ho fatto quello che ho fatto in questi mesi lontano da casa: mi sono sfondata gli occhi nella lettura.

In Agosto e in questi pochi giorni di settembre mi sono esercitata con un’amica a colpi di Haiku cercando sempre il numero giusto di sillabe nel componimento e, soprattutto, ho letto molto.  Oltre a qualche sprazzo di notizie quotidiane, lette per non rimanere proprio al buio su tutto, mi sono buttata sui libri dai più svariati titoli e autori, mischiando un thriller di Jeffrery Deaver, alle investigazioni sempre uguali nel ritmo, ma gustose, di  Sherlock Holmes, passando dal divertente “Portami il diario” della Valentina Petri (ormai chi non la conosce?), al libro postumo del grande Andrea Camilleri (Riccardino), gustando un Simenon insolito ma sempre piacevole e un po’ triste e meditando sul delicato “Due Vite” di Emanuele Trevi che sto ultimando. Mi aspetta, sul tavolino del salotto, il Kindle per continuare con Sherlock (ho preso l’opera completa e non sono neppure arrivata a metà dopo 2 mesi), in successione incontrerò Steinbeck e la sua Valle dell’Eden, ed il Farmacista del Ghetto di Cracovia di Pankiewicz e Per le antiche strade di Mathijs Deen.

Centinaia di pagine mi hanno fatto compagnia e altre mi attendono. Quelle lette fino ad ora mi hanno fatto spesso dimenticare la lontananza di chi mi è caro tra i più cari, mi hanno fatto viaggiare dove non sono mai stata e ci sono state parole che mi hanno fatto riflettere (“non siamo nati per diventare saggi, ma per resistere”), ho anche rivalutato il bel modo di scrivere degli scrittori dei tempi passati, pagine senza infarciture di esclamazioni scurrili e banali, e mi sono ripetuta spesso che solo leggendo molto (forse) diventeremo un po’ migliori di come siamo, dando la possibilità alla nostra mente di allargarsi e arricchirsi quanto più possibile. E, sicuramente, andrà tutto bene se molti ignoranti dei social perdessero meno tempo a scrivere scemenze ripetendo le solite parole trite e ritrite e si mettessero a leggere un po’. Andrebbe sicuramente tutto meglio se si smettesse di mettere in prima pagina chi non lo merita e, anziché propinare ai giovani molto “panem et circenses” (leggasi discoteca e insulsi programmi tv ), si desse loro la possibilità di un serio rientro a scuola e un vero aiuto alla loro crescita con lo studio. Forse tutti perderebbero un po’ di paura e ricominceremmo, da qui, dai giovani che studiano e che leggono, a far andare meglio le nostre vite.

Ciao a tutti. Vi mando un saluto, no…non col gomito. Risparmiatemelo.

Per gli abbracci, ne riparliamo un’altra volta. – Vilma (leggendo)

https://www.sololibri.net/Italia-si-legge-poco-dati-istat.html

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EHILA’ BEPPE!…

ehila beppe

A tutti i Beppe, che riassumo con questo nome per sottintendere “amici” che spesso hanno dato una sbirciatina qui, volevo in quattro righe darvi un saluto.

Si, dai, lo sapete ormai tutti: Sono tornata a casa dopo mesi, sei per la precisione, solo perchè ormai dovevo.

Sono tornata qui sul blog dopo mesi, sette per la precisione, solo per rivedere i miei scritti, nient’altro.

Durante la mia assenza, sia qui che là, sono successe millela avvenimenti, italiani, europei, mondiali, personali, che raccontarli tutti non si puo’ ne’, per la verità, ho voglia di farlo.

Sono riemersa dal buco dell’assenza e della quarantena fiduciaria giusto due giorni fa e, come la talpa Enrico, quasi non ricordo nomi di alcune persone e le situazioni italiche viste qui da qui mi paioni distanti dal mio sentire molto più dei novemilachilometri, dei centoottantadue giorni, delle quattromilatrecentosessantotto ore della mia permaneza fuori dai patri confini.

In questi sei mesi posso però dirvi di aver letto molti libri, di aver cullato gli affetti più grandi che ho, di aver sperimentato la capacità di adattamento fisico e mentale che ho scoperto di avere in modalità smisurata.

Detto ciò, direi che non mi resta che invitarvi a bere un limoncello (il maraschino non ce l’ho!), una cocacola, un bicchiere di acqua fresca o un tè, che sarebbe poi un modo per riabbracciarvi e, non temete, ho fatto il tampone-negativo e nonostante ciò tengo la distanza di sicurezza, mi lavo sempre le mani, mi metto la mascherina , non sto vedendo nessuno che abbia il virus e, sioprattutto, non sono andata in discoteca,.

si, ve lo offro proprio volentieri da bere…Per tutto il resto, c’è tempo.

VILMA – (ritornata dal futuro)

 

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NODI e NODI

nodo savoia

Ci sono nodi e nodi: quelli da marinaio, da pesca, o da scalatori di montagna, quelli della sarta sul filo da cucito, quelli della cravatta, quelli da muratore, quelli bellissimi del legno, ci sono quelli che “vengono al pettine”… insomma ce ne sono una infinità.

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I nodi si possono fare con diversi materiali: corda, spago, seta, tessuto e molto altro materiale, purchè avvolgibile.Tutti li possiamo fare o imparare a fare, Tranne quelli del legno che sono già fatti dalla natura e quelli che “vengono al pettine”, ma per questi ultimi è una storia diversa.

Alcuni nodi li fai e li disfi, secondo necessità, come quelli delle stringhe delle scarpe, altri li fai perché devono durare nel tempo perché, forse, devono sorreggere qualcosa come ad esempio un tutore per un albero o come quelli fatti per fermare una cucitura e se si disfano son guai: un orlo pende, un pantalone casca e via dicendo.

Poi ci sono dei nodi tutti particolari e invisibili: quelli dell’animo. Si formano in momenti particolari della vita, si accumulano, sembra che si sciolgano, poi ritornano più aggrovigliati di prima. Sono nodi che legano la mente e finiscono per legare il corpo. Sono spesso dovuti al peso dei doveri che ci accompagnano giorno per giorno, a quello degli obblighi che ci imponiamo verso gli altri o che subiamo in famiglia da coloro i quali amiamo.

tagliare-il-nodo-Se per quelli fatti di corda e tessuto ci vuole pazienza ma, prima o poi, si possono sciogliere o, in casi estremi,  gli si dà una bella sforbiciata e si eliminano radicalmente, quelli che si formano dentro di noi richiedono un altro tipo di trattamento continuativo come formulare pensieri positivi, riposando la mente facendo una passeggiata o bevendo una tisana con un’amico/a, facendo uno sport, colorando un mandala (si, è vero, è un atto rilassante e meditativo che talvolta faccio), parlare con qualcuno che ci piace e che sentiamo amico/a, leggere  ascoltando musica rilassante o restare in silenzio.

Altrimenti non c’è via di scampo…non ci resta che farci uno sciampo (cit. di G.Gaber rivista e corretta.)

Vilma (“Scende l’acqua, scroscia l’acqua calda, fredda, calda…”)

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